Api-drone? Addio miele!

I potenziali insetti impollinatori sono almeno 1.500 miliardi. Riusciranno i Droni a sostituirli.

Nel mese di marzo del 2018 un colosso Americano, la Walmart, ha depositato, in collaborazione con CB Insights, sei brevetti riguardanti api-drone per impollinare autonomamente le culture agrarie. Parliamo di un colosso con circa 500 miliardi di dollari di fatturato al pari di Stati come la Norvegia, il Belgio o l’Argentina. Approfondendo l’argomento e facendo una ricerca con le parole chiave “Walmart patent bees robot” si trovano numerose decine di articoli, pubblicati sul web, che riportano la notizia delle “api-drone”.

Leggendo il contenuto di questi articoli si intuisce che la Walmart non commenta direttamente questo investimento, costituito da sei brevetti ultra tecnologici e molto onerosi, mentre una serie di testate giornalistiche si dilettano ad ipotizzare scenari fantascientifici, bizzarri, improbabili, ma anche possibili e sensati.

Purtroppo tutto nasce da un’ipotesi a dir poco apocalittica ma assai fondata, della definitiva scomparsa delle api da questo pianeta. Una storia, quella delle api, che non sappiamo con certezza quando ebbe inizio. Tuttavia il più antico reperto (rinvenuto nell’ambra) risale ad almeno 50 milioni di anni fa, data che ha radici profonde nella notte dei tempi. E di questo per ora dobbiamo accontentarci, anche se non è poca cosa rispetto ai due milioni di anni ipotizzati dagli scienziati fino a poco tempo addietro.

In questi 50 milioni di anni è stata scritta una storia senza precedenti: quella tra le piante a fiore (Angiosperme) e gli insetti impollinatori, in particolare gli Apoidei, rappresentati oggi da circa 20.000 specie di api selvatiche. Una storia che per raccontarla bene ci vorrebbero “alcuni anni” e che ha inizio durante un periodo segnato da una esplosione di biodiversità.

Spazi e opportunità senza precedenti si crearono a seguito delle fiamme ed il fuoco e le ceneri lasciate dal meteorite/meteoriti che diedero il ko definitivo al dominio durato oltre 120 milioni di anni, dei dinosauri. Una storia fatta di tante piccole storie, alla base di una continua coevoluzione tra piante ed insetti che hanno portato alla diversità di specie vegetali e animali e che oggi solo in piccola parte popolano la terra. Pochi successi e tanti insuccessi decisi da eventi o insieme di coincidenze, contingenze, situazioni e casualità che hanno di fatto selezionato i futuri discendenti, tra cui le api. Tutto questo si è compiuto in un tempo lunghissimo, nel quale il motore dell’evoluzione e le regole naturali della selezione hanno avuto il tempo geologico di “perfezionare” questo connubio tra api e piante.

Tutto questo tempo, un lavoro continuo durato milioni di anni, per costruire questo universo di bellezza e utilità sembrano svanire difronte al messaggio che gli stessi brevetti e i relativi investimenti sottintendono: il rischio quanto mai concreto della possibile scomparsa delle api mellifere dalla Terra. Questo pensiero riecheggia nella mia mente e nel web, come un monito che assume una eco mondiale, al pari della frase attribuita, erroneamente, ad Albert Einstein: <se le api scomparissero dalla faccia della terra all’uomo non resterebbero che 4 anni di vita!> (Maeterlinck, The Life of the Bee, 1901).

In questi brevetti si parla, infatti, unicamente di impollinazione di colture come se, una volta scomparse le api, potessimo fare a meno dell’impollinazione del resto delle piante spontanee o selvatiche: in un mondo basato sul denaro sono cose belle ma superflue! Ma quali potrebbero essere gli scenari di questo nuovo pianeta Terra senza le api? Un paesaggio costituito da metropoli, campi coltivati e milioni di droni per impollinarli. Forse ci sfugge che l’uomo ha tre cose a cui non può rinunciare, pena la sua stessa esistenza: ossigeno per respirare (pochi minuti), acqua per bere (pochi giorni) ed cibo per mangiare (decine di giorni). Tuttavia se non si respira non si ha tecnicamente il tempo di bere e di mangiare. E quindi, di tutte quelle piante che ci regalano gratuitamente l’ossigeno e la possibilità di vivere, chi se ne occuperà? La Walmart sembra proprio di no!

Per quanto riguarda i brevetti di droni che verrebbero utilizzati per monitorare le culture ed individuare eventuali focolai di parassiti o batteriosi e quelli utilizzati nei trattamenti sanitari localizzati e certosini, sembra cosa ragionevole e condivisibile ma è realizzabile su scala mondiale?

Ma facciamo un ragionamento più completo e cerchiamo di capire l’ordine di grandezza di questo scenario.

Per ottenere il numero di api da miele presenti nel mondo, che gratuitamente ogni giorno impollinano il 75 % delle piante a fiore, è necessario iniziare da un calcolo molto semplice partendo da una stima approssimativa degli alveari presenti nel mondo che sono circa 150.000.000 (Palmieri et al. 2017). Con questo dato potremmo ottenere il numero di potenziali bottinatrici (10.000 per alveare) presenti nel mondo ovvero circa 1.500 miliardi, che dovrebbero essere sostituite da questi droni.

Questi sono i dati ufficiali ma tutte le api non denunciate, quante sono realmente nel mondo? E tra gli Apoidei selvatici, quanti individui popolano il nostro mondo e quante specie ne sono rimaste?

La soluzione dei droni come impollinatori per sostituire tutte le api denota una visione miope e superficiale, ma manifesta anche rilevanti carenze ecologiche. Partendo dalla consapevolezza che il numero di api in genere sia molto più elevato di quanto ipotizzato poche righe sopra, il progetto droni risulterebbe una vera e propria utopia, realizzabile solo nei grandi schermi cinematografici. Solo per fare un esempio gli uccelli, le lucertole, i calabroni, gli orsi, i serpenti, la vespa velutina….. si ciberanno di questi droni per sopravvivere? Chi darà da mangiare a questi animaletti?

Ma la Walmart sa di cosa stiamo parlando? Di come sono fatti i fiori? Pensiamo solo alla morfologia delle Leguminosae, le piante più importanti al modo per la produzione di foraggio e legumi. Il fiore è pressoché chiuso, pendulo, molto variabile nelle dimensioni a volte estremamente piccolo, a dire poco impervio! Il drone sarebbe capace di aprirlo per poterlo impollinare senza tritare con le sue eliche il fiore stesso? Sarebbe interessante sapere chi pagherà le milioni di persone che dovranno gestire questi migliaia di miliardi di api-drone che andranno ricaricati e guidati fino ai campi coltivati per decine di volte al giorno. Chi pagherà il costo di migliaia di miliardi di droni?

Ed il nostro amato miele, forse la più antica “elaborazione alimentare” del mondo, l’unicità dei mieli uniflorali, l’universo di odori, sapori e aromi da essi sprigionati, la grande diversità dei mieli nel mondo, dovremo veramente rinunciare per sempre a questa ricchezza?

Al contrario sarà necessario uno sforzo planetario di tutti gli Stati, gli Enti di Ricerca, le Università di tutto il mondo per risolvere il flagello delle api, la Varroa destructor. Gia questo significherebbe mettere in condizione le api di affrontare al meglio e al 100% delle loro forze le nuove problematiche scaturite dalla globalizzazione, dai mutamenti climatici ed dai fitofarmaci. Sopravvivere cercando di sconfiggere le tante difficoltà della vita in pessime condizioni di salute diventa difficile e drammatico per chiunque anche per noi umani, figuriamoci per le api. Questa è una scommessa che abbiamo il dovere morale di vincere. Non possiamo cancellare 50 milioni di anni di storia, non possiamo fare a meno delle api se vogliamo continuare almeno a respirare.

di Nicola Palmieri

8 Risposte

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