Origine Geografica dei mieli – prologo (da Apitalia 7-8/2018)

pubblicato in: Approfondimenti 2

Biodiversità e variabilità climatica sono i presupposti per caratterizzare il miele


Per poter affrontare il tema dell’origine geografica dei mieli, il cui strumento indiscusso è l’analisi melissopalinologica, dovrò introdurre alcuni argomenti e nozioni indispensabili alla sua comprensione essendo una materia molto vasta che pone le proprie basi su studi, indagini e elaborazioni rilevanti dal punto di vista statistico. Ricordando anche in questa occasione che la melissopalinologia, per essere un po’ biblici, è “il principio e la fine” ovvero è lo strumento iniziale per caratterizzare i mieli geograficamente (dettagliandone i parametri) e finale per determinarne l’origine geografica. In questo modo sarà possibile conoscere l’identità di un miele senza passaporto oppure l’autenticità o la falsità della carta d’identità che lo accompagna.

La morfologia del territorio italiano è caratterizzata da catene montuose, coste, isole, pianure e colline. La presenza del mar Mediterraneo, un mare particolare con un limitato sbocco naturale nell’oceano atlantico (stretto di Gibilterra) che ne determina una notevole salinità ed una elevata temperatura delle acque, mitiga particolarmente il clima della nostra penisola, specialmente lungo la fascia costiera. I numerosi e differenti laghi, le lagune ed i corsi d’acqua fanno il resto, restituendo al nostro paese una varietà di condizioni bio-geografiche e climatiche tali da rendere l’Italia il primo paese europeo come numero di specie animali, stimate in 58.000 mentre i vegetali sarebbero 8.195, di cui 6.417 le specie e 1.778 le sottospecie (Bartolucci et al., 2018). Nel nostro territorio così particolare vi sono anche dei punti caldi, denominati hot spot, che esprimono una densità di biodiversità tra le più alte del mondo e sono localizzati sia sulle nostre isole che su alcuni rilievi montuosi. Un’altra peculiarità della nostra penisola è data dalla presenza del massiccio Alpino, caratterizzato da alcune vette che si spingono oltre i 4.000 m s.m.l. fino a sfiorare i 5000 m. Ciò determina, in un ristretto territorio, variazioni climatiche notevoli tendenti al freddo. Le aree a crescente altimetria, da 1000 m a 4000 m, fanno si che il clima presente in queste aree sia simile a quello di altri paesi nord europei, ubicati a latitudini molto più alte. Lo stesso clima freddo del massiccio alpino è presente anche nei paesi scandinavi che si trovano a circa 4000 km dalla Sicilia lungo l’asse della latitudine. Di fatto l’elevata varietà climatica italiana risulta compressa in un fazzoletto di terra pari a circa 300.000 kmq, e il risultato è un concentrato di diversità biologica ed una elevata ricchezza di biocenosi. In sintesi si passa dal clima torrido africano al clima freddo del nord Europa, in poco più di 1.200 km lungo la latitudine.

Il paesaggio è così caratterizzato dall’alternanza tra tanti e piccoli differenti ecosistemi adiacenti e altri più estesi che si distribuiscono omogeneamente lungo le coste o lungo gli Appennini, dal sud al centro-nord. Tutti gli ecosistemi presenti nel nostro territorio sono popolati da una vegetazione tipica, con numerosi endemismi 1.371 (Peruzzi et al., 2014) e piante rare.

Questa premessa è stata necessaria per far capire meglio come questi aspetti quali la morfologia del territorio, l’elevato numero di biocenosi e l’elevata biodiversità, la grande variabilità climatica siano dei presupposti estremamente vantaggiosi per caratterizzare geograficamente un prodotto naturale come il miele.

Prima di affrontare l’argomento principale ovvero l’origine geografica dei mieli, è necessario un ulteriore approfondimento sul concetto dell’arricchimento pollinico per capire i meccanismi che determinano la presenza dei pollini nei mieli in genere. Intanto sono presenti 4 tipi di arricchimento pollinico. Si parla di arricchimento primario quando una contaminazione pollinica finisce per varie ragioni nel nettare del fiore, il quale successivamente verrà visitato dalle api mellifere per essere portato nell’alveare. Le cause di questo arricchimento possono variare e comprendere la semplice forza di gravità o anche la presenza di api selvatiche come: Eucere, Halictidi, Andrene, Osmie, Antofore, Bombi. Questi ultimi, di ragguardevoli dimensioni, bottinano velocemente e rumorosamente da fiore a fiore di piante diverse, suggendo nettare e raccogliendo polline indifferentemente. Queste api sociali si posano sul fiore, come un elicottero su una pista di atterraggio creando un vortice che mobilita nel nettare anche pollini presenti sul loro corpo o sulle zampette. Il vento, in particolare, permette di arricchire il nettare fiorale con pollini derivati da piante anemofile, snobbate da molti impollinatori, che altrimenti non sarebbero mai giunti nel nettare fiorale e quindi nel miele. Anche queste piante che sono parte integrante degli ecosistemi contribuiscono senza dubbio ad arricchire il sedimento del miele e a descrivere l’ambiente presente intorno all’alveare. Inoltre tutti gli altri insetti, con le loro attività biologiche, dalle vespe alle formiche, dalle mosche ai coleotteri o i piccoli animali, danno il loro contributo. L’insieme di questi fattori determina una combinazione di pollini che aiutano a disegnare il ritratto di quell’oasi, di quel parco, di quella vallata; e il quadro botanico delle lagune, delle coste, delle montagne, di una città o di una regione. Ma non basta, nel miele giunge anche il polline per arricchimento secondario, che si compie questa volta all’interno dell’alveare. Nella casa delle api i favi vengono costruiti verticalmente quindi la gravità in questo caso influenza poco l’arricchimento pollinico che si determina nel miele in via di maturazione. Al contrario le api sono le assolute protagoniste di questo evento, sono tantissime e adorano il contatto fisico, si cercano e si aiutano in tutte le attività svolte per la sopravvivenza della colonia. Tuffandoci con la nostra immaginazione all’interno di quella piccola ma grande città buia è normale pensare di spostarci a tastoni usando le mani o “le antenne” e arrampicarci tra i setti delle celle. Incontreremo api che tornano dal pascolo cariche di scorte di polline o di nettare, api che accolgono le bottinatrici le quali si ripuliscono spazzolandosi e si rifocillano per poi riposarsi. Ci sono api trasportatrici che spostano polline o nettare accatastato troppo lontano dalla nuova covata. Ed ancora incontreremo api che nutrono le nuove arrivate con cura ed amore, altre che nei mesi più caldi si occupano attraverso la ventilazione di controllare la temperatura, altre ancora che sono specializzate nella maturazione del miele attraverso l’evaporazione della troppa acqua presente nel miele giovane. Tutto questo traffico di azioni ed attività contribuiscono ad arricchire il futuro miele con pollini gia presenti nel nettare ed altri raccolti in differenti periodi.

Il sedimento dei mieli inoltre si compone anche di pollini provenienti dall’arricchimento terziario, causato dagli apicoltori durante tutte le attività apistiche come la smielatura, la pulizia dei melari e degli strumenti. La storia che troveremo riassunta nel barattolo di miele continua con l’arricchimento quaternario il cui vettore è il vento, leggero, moderato o potente produrrà nei mieli l’arrivo di pollini per lo più anemofili via via più lontani e pesanti, contaminando i fiori bottinati, le scorte di polline, il miele presenti nell’alveare o durante le operazioni di smielatura (Palmieri et al. 2017).

Per tutte queste ragioni nel miele che verrà analizzato si troverà un numero variabile di pollini differenti e la loro combinazione sarà come una fotografia istantanea dell’ambiente circostante l’alveare. Di conseguenza, la presenza o l’assenza di un polline assumerà un valore determinante, mentre la sua frequenza avrà una importanza relativa. Infatti la frequenza (rara o dominante che sia) non determina la combinazione dei pollini che caratterizzano i mieli di un’area geografica. Al contrario l’assidua presenza di una specie pollinica nella maggior parte dei mieli analizzati può contribuire alla caratterizzazione di una data area. Va aggiunto che se un specie pollinica, presente nella maggior parte dei campioni di una data area, ha una frequenza costante (sempre in un intervallo definito) potrebbe assumere un valore aggiunto ed essere una ulteriore caratteristica di quell’area.

L’origine geografica può essere determinata in un miele millefiori o in un miele uniflorale come l’asfodelo o il timo o l’ailanto e potrebbe fare riferimento ad un’area molto ristretta come un’oasi o un parco. Al contrario l’analisi melissopalinologica potrebbe garantire l’origine geografica di un millefiori toscano, ligure o sardo e potrebbe anche garantire un’origine molto più amplia, come quella della nostra splendida Italia.

Lo stato dell’arte dell’origine geografica, i tanti studi svolti, le numerose pubblicazioni, tutte le applicazioni possibili, l’importanza che talvolta può assumere un singolo polline, gli strumenti che mancano a noi appassionati di miele e di melissopalinologia, saranno argomenti di prossimi approfondimenti, sperando di rendere più popolare questa disciplina ancora poco conosciuta.

di Nicola Palmieri

2 Risposte

  1. GreggCab
    | Rispondi

    Интересно!

    • Nicola Palmieri
      | Rispondi

      Thanks, bye

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