Un universo parallelo: pollini e piante “facce diverse della stessa medaglia” (da Apitalia 5/2018)

Riconoscere una specie vegetale dal polline è come riconoscere una persona dalle sue impronte digitali o, meglio, come se dovessimo riconoscer specie differenti dalle impronte lasciate sulla sabbia. Immergendoci con il microscopio all’interno di un vasetto di miele osserveremmo un mondo di granuli formati da spine, clave, perforazioni come fossero stelle o asteroidi. L’infinitamente piccolo come l’infinitamente grande

Immaginiamo per un attimo di “immergerci” in un miele e di osservarne il sedimento come fanno quei pochi studiosi chiamati melissopalinologi. Ebbene sì, una volta preparato un campione di miele per poter essere osservato al microscopio ottico è come se, prendendo un bel respiro, ci immergessimo in un mondo parallelo formato da tanti piccoli elementi figurati. Questi possono essere impurità o residui animali e vegetali, alghe, funghi fino ai più nobili granuli pollinici.

Il nostro “mondo reale” è rappresentato da piante a fiore quali alberi, cespugli, erbe e piante succulente che abbiamo imparato a riconoscere da “sempre”, da quando siamo comparsi sulla terra.

Il loro utilizzo è stato fondamentale per la nostra avventura terrena, un eccellente alimento ricco di fibre e vitamine. Con il passare dei millenni le piante sono state domesticate, coltivate, utilizzate per curarci, per vestirci, per l’igiene personale e trasformate come la farina dal grano o le conserve dalla frutta, etc.

A queste piante, dal 1745 circa, con Carlo Linneo si comincia a dare un nome binomiale, universalmente riconosciuto, che restituisce ad ogni specie una forma, un’immagine definita e ben precisa. Immaginiamo una Veronica persica o Veronica di Persia, una Fragaria vesca o Fragolina di bosco, un Asfodelo, un Cacto, un Corbezzolo, un Pruno, una Magnolia, un Frassino, una Sughera, un Castagno. Il caso dei pollini rappresenta uno strano modo di essere o di apparire della stessa pianta. Il polline rappresenta la versione solo maschile (aploide) di quella specie vegetale, una versione invisibile ad occhio nudo – una faccia nascosta della stessa medaglia!

Riconoscere una specie vegetale dal polline è come riconoscere la persona che abbiamo accanto dalle sue impronte digitali, senza poterla guardare nel suo complesso. Per essere più precisi è come se dovessimo riconoscere specie differenti dalle impronte lasciate sulla sabbia, ad esempio le impronte di un gabbiano da quelle di un cane o quelle di un granchio da quelle di un uomo. Poi le cose si complicherebbero se dovessimo distinguere le impronte di un daino da quelle di un capriolo o tra le diverse specie del genere Panthera quali leo, tigris, onca, pardus etc.

Come ho scritto all’inizio, guardando dentro il binoculare si osserva un mondo fatto da granuli di forma e misura diverse, caratterizzati da aperture differenti in numero e dimensioni, e granuli ricoperti da ornamenti assai variabili, lisci, punteggiati o simili a “capelli” pettinati, ondulati o mossi. Alcuni ornamenti sono ricoperti di spine, clave, verruche, buchi e perforazioni; alcuni sono molto semplici e altri estremamente complessi e affascinanti. Per capirci un insieme di “stelle, pianeti, comete e asteroidi”, disposti su uno strato di miele, che possiamo distinguere con facilità o con grande difficoltà. Il melissopalinologo quindi riconosce le specie, ove possibile, in una dimensione completamente diversa da quella che osserva un botanista o un apicoltore, riconoscendo una Borragine da un Rosmarino o da un Tiglio. Per esempio il Castagno è una pianta imponente, caratterizzata da particolari foglie, infiorescenze e frutti. Il melissopalinologo al contrario osserva un polline piccolo, liscio, insignificante e poco appariscente – ma molto ben riconoscibile fino alla specie di appartenenza. Quando il Castagno si trova nello spettro pollinico dei mieli è sempre numeroso, a ricordarci della pianta che lo rappresenta – in quella dimensione che ci appartiene. Il caso contrario può essere raffigurato da un fiore piccino piccino, Veronica persica, presente ovunque (sub-cosmopolita), che sfugge all’osservazione della maggior parte delle persone comuni, ma sotto le lenti del microscopio è un “polline” grande e appariscente.

Con i risultati di un’osservazione microscopica di un miele è possibile figurarsi l’immagine delle piante, come tutti noi le conosciamo, traslando quella dei pollini osservati. L’insieme di queste piante potrebbero restituire anche informazioni sull’ecosistema e sul periodo di produzione di quel miele. Tutte queste piante riconosciute nello spettro di un miele possono aiutare a ricostruire un ambiente specifico, la sua ubicazione geografica, l’altitudine, il clima e la “biodiversità relativa”. Il melissopalinologo può immaginare i pascoli frequentati da gruppi di api, più numerose su alcune piante piuttosto che su altre. Può immaginare un ecosistema litoraneo o insulare, un pascolo alpino, un ambiente a macchia mediterranea o un bosco appenninico. L’interpretazione del melissopalinologo che deriva dalle proprie conoscenze, dall’esperienza, dalla passione, dalla sua formazione permettono di capire anche eventuali potenzialità apistiche osservate in quel miele. La presenza di un polline, come ad esempio la Sulla (Hedysarum coronarium), con una frequenza importante potrebbe portare con alcune accortezze da parte dell’apicoltore ad un miele uniflorale di pregio. Tante volte da un miele dichiarato millefiori è maturato un miele uniflorale rarissimo con un flusso nettarifero derivato nettamente dall’Asparago o dal Meliloto.

Questo articolo è dedicato a tutti gli apicoltori ai quali rivolgo un incitamento: ai neofiti consiglio di studiare ed ai professionisti consiglio di provare ad osservare il mondo intorno ai propri apiari “semplicemente” con gli occhi di un’ape!

                                                                                             di Nicola Palmieri

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