Il nostro futuro è con le api

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La storia della Terra racconta come 2,5 milioni di anni fa esistevano tutte le condizioni per cui il genere Homo (nostro progenitore) si affacciasse sulla terra con successo e che, appena un centinaio di migliaia di anni fa, per una serie di casualità si speciasse nell’attuale uomo (Homo sapiens sapiens) perfettamente adatto all’ecosistema della terra di quel periodo.

Quello che oggi con grande dispiacere dobbiamo raccontare è la storia dell’uomo “sapiente” che abbatte miliardi di alberi ogni anno distruggendo i polmoni verdi del pianeta, inquina pesantemente l’ambiente, gli oceani, i fiumi, i laghi e le falde acquifere; il bene più prezioso della Terra.
Con le emissioni inquinanti dei gas serra si rende responsabile del repentino surriscaldamento globale, con tutto quello che ne consegue: uragani, cicloni, inondazioni. L’uomo sapiente si è mai soffermato a pensare per quanto tempo potrebbe fare a meno dell’ossigeno che respira, dell’acqua o del cibo che mangia? Percorrendo questa strada si giunge naturalmente al tema di oggi: “Se l’ape scomparisse dalla terra, all’umanità resterebbero quattro anni di vita”.
Questa frase attribuita al grandissimo scienziato Albert Einstein ma probabilmente da lui mai pronunciata, suona come una premonizione che fa in poco tempo il giro del mondo. Ultimamente si parla molto di “Sindrome dello spopolamento degli alveari”. I dati ufficiali, disponibili nel libro di CoyaudLa scomparsa delle api”, ci dicono che nel 2007 mancavano all’appello solo negli Stati Uniti, centinaia di miliardi di api affette da un “misterioso morbo”. La notizia fa il giro del mondo fino a quando, nel gennaio 2008, diviene chiaro che la grande moria riguarda anche l’Europa: 50 miliardi di api sono scomparse in Grecia e almeno 55 miliardi non fanno ritorno alle arnie nel nostro paese.

Ma non è finita qui: lo stesso genere di notizie arriva da altri paesi europei e dall’India, dal Canada, dalla Nuova Zelanda. Non tutti sanno che oltre all’ape da miele esistono circa 20.000 specie di Api selvatiche che nessuno conta, se non di rado, e per le quali sarà difficile ipotizzare la dimensione del problema. Questi apoidei selvatici sono i principali responsabili della biodiversità e della sopravvivenza delle piante da fiore sulla Terra.
La nascita di una vita animale o vegetale che sia è preceduta sempre e comun- que da una fecondazione. La progenie nelle piante è rappresentata dal seme contenuto nel frutto ed è la principale fonte di cibo per gli animali, uomo compreso. Il noto entomologo Giorgio Celli spiega, in una intervista su un mensile che “dietro una ciliegia, un melone o una mela c’è il lavoro silenzioso di un’ape. Che succhiando, per esempio, il nettare del fiore di un ciliegio, si è sporcata di polline. Andando poi a visitare un altro albero di ciliegio, ha portato quel polline sul pistillo di un nuovo fiore. Da questo incontro è nata una ciliegia”. In conclusione, se si estinguessero le api la produzione agricola subirebbe un collasso senza precedenti. Le cause della sindrome delle api da miele sono sicuramente molteplici: gli agrofarmaci, ed in particolare i neonicotinoidi, utilizzati negli ultimi dieci anni in agricoltura. Essi sono costituiti da molecole che colpiscono il sistema nervoso degli insetti, i quali ne assorbono quantità tali da indurre effetti sull’orientamento e far perdere loro la strada di casa. Il surriscaldamento globale e i mutamenti meteorologici prodotti dall’inquinamento ambientale ed in particolare dai gas serra, producono effetti devastanti sulle colonie di api. Da alcuni anni non assistiamo più al susseguirsi delle stagioni ma, al contrario, registriamo estati o inverni da record, sbalzi termici che incidono anche sulla nostra salute.

Le api sono le prime a subirne le conseguenze.
L’insieme degli stress indebolisce le famiglie favorendo l’attacco di parassiti (Varroa Destructor), dei patogeni e dei virus. Altri fattori, come le coltivazioni geneticamente modificate (OGM) o i campi elettromagnetici di linee elettriche ad alta tensione, la diffusione di microonde dei telefoni cellulari, i ripetitori wireless hanno contribuito al raggiungimento dell’attuale situazione. Sostiene sempre Coyaud che “La scomparsa in massa delle api ha assunto dimensioni tali da non poter essere più ignorata. Se oggi ci sembra improbabile che l’umanità possa estinguersi per una causa apparen- temente così banale, di certo un evento di questa portata appare come una sorta di campanello di allarme: forse ci siamo spinti troppo in là nella manipolazione del nostro ambiente naturale”. La ricetta per tutto questo c’è e la conoscevano bene i Pellerossa d’America, gli Indios delle Amazzoni o gli Aborigeni Australiani: preservare la natura rispettarla e proteggerla perché è la nostra culla, la nostra storia ed è l’unica via d’uscita l’unica strada che un umile saggio ci indicherebbe per dare ancora un po’di futuro ai nostri figli.

2 Risposte

  1. Maria Laura
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    Mi ha molto interessato il vostro articolo e mi sono permessa di farne una riduzione semplificata per proporlo ai miei alunni di quinta elementare. Grazie! Tornerò sul sito per trovare altri spunti. Buon lavoro.

    • Nicola Palmieri
      | Rispondi

      Sono molto contento che il mio articolo serva come spunto per una discussione in una classe elementare. Lo scopo di questo blog è prorio quello di far conoscere questi argomenti a tutti e mi rende ancora più felice che lei li proponga ai “suoi” bambini che sono il nostro futuro!

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