Il largo utilizzo dei licheni nell’ambito della bioindicazione e del bioaccumulo, è dovuto con buona probabilità alla loro estrema praticità d’uso come biomonitori e ad alcune qualità uniche di tali organismi. I licheni non avendo un sistema escretore riescono ad accumulare nel loro organismo contaminazioni presenti nellambiente anche a bassissime concentrazioni. Inoltre, in tempi molto lunghi, possono accumulare discrete quantità di questi contaminanti, riuscendo ad evidenziarli anche con strumentazioni obsolete, utilizzate negli anni passati. Quindi, con i metodi di rilevamento classici degli anni passati, le contaminazioni a bassissime concentrazioni non si sarebbero potute evidenziare altrimenti se non con i licheni.
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L’utilizzo dei licheni come bioaccumulatori

Notoriamente un bioaccumulatore è un organismo che riesce, per mezzo di proprie caratteristiche biologiche e fisiologiche, ad assorbire, accumulare e mantenere nel tempo le varie sostanze inquinanti presenti nell’aria. I licheni hanno delle spiccate qualita’ come bioaccumulatori e questo è dovuto soprattutto alla mancanza di uno strato di cellule epidermiche (fig. 1), la cuticola, presente invece nelle piante superiori e che rappresenta una struttura protettiva impermeabile all’acqua e ai gas.
Di conseguenza un lichene si comporta come una spugna e respirando riesce ad assorbire gli inquinanti, compresi quelli diffusi in bassissime concentrazioni in quanto la loro attività metabolica non ha limiti temporali; infatti i talli lichenici, attaccati tenacemente alle cortecce degli alberi, non conoscono stagionalità pertanto per tutto l’arco dell’anno, a prescindere dalle temperature o altre condizioni meteorologiche, presentano sempre un’attività metabolica e di accumulo.

Ovviamente, il biomonitoraggio mediante i licheni non rappresenta una misura strumentale che permette di stabilire in un breve arco di tempo la concentrazione di un inquinante in un volume d’aria, ma in base alle concentrazioni dei metalli in traccia rilevati nei talli, si possono rilevare i patterns deposizionali. Questi ultimi possono essere determinati sia dalla distanza del lichene dalla sorgente d’inquinamento che dal trasporto dei venti subito dai contaminanti emessi. Questo trasporto è condizionato dall’orografia del territorio, dal tipo di molecola considerata, dai molteplici fattori atmosferici, dalla struttura termica dell’atmosfera e dall’altezza delle ciminiere. Questo tipo di indagine, quindi, permette una sicura localizzazione delle sorgenti inquinanti e l’individuazione di aree a rischio, conoscenza utile anche per ricerche di tipo epidemiologico.
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Xanthoria parietina

Il lichene più utilizzato per verificare l’accumulo dei metalli pesanti, è la Xanthoria parietina (fig. 1), specie foliosa che normalmente cresce dalle zone rurali alle zone antropizzate, su svariati substrati: cortecce di numerose essenze arboree, roccia, muri in cemento, tegole, mattoni, vetroresina, coperture in eternit.
La Xanthoria parietina si presenta con un tallo di colore arancione o arancione verdastro da umido, in rosette più o meno regolari di 10-15 cm di diametro.
Nelle parti marginali sono visibili lobi disposti in senso radiale, allungati e appiattiti, spesso sovrapposti. Nella regione centrale del tallo sono presenti numerosi corpi fruttiferi con disco arancione ma con tonalità più scura rispetto al tallo.

La scelta dell’utilizzo di Xanthoria parietina nei biomonitoraggi è dovuta alla sua maggiore diffusione in natura rispetto ad altre specie licheniche, permettendo di effettuare un campionamento capillare. Questo lichene è stato ampiamente utilizzato in diversi studi di biomonitoraggio, specialmente per quanto riguarda il bioaccumulo (Bargagli et al., 1985 e 1997; Gasparo et al., 1989; Nimis et al. 1999). L’utilizzo di un comune lichene negli studi di biomonitoraggio, implica di conseguenza una maggior facilità’ nella comparazione dei dati con altri studi effettuati (Tretiach & Baruffo, 2001).
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Fig. 1
Un lichene in sezione presenta una struttura a strati: la parte rivolta verso l’ambiente subaereo e’ il cortex superiore (A), costituito da ife fungine molto addensate. La funzione di questo strato e’ protettiva agli strati sottostanti. In questa sezione risiedono i pigmenti che conferiscono la colorazione al lichene. Strato algale (B), regione del tallo in cui convivono in simbiosi micobionte, normalmente Ascomicete e fotobionte, alghe eucariote o cianofite. In questo strato avviene la fotosintesi ed i relativi scambi fra fotobionte e micobionte. Lo strato medullare (C), e’ composto da sole ife fungine ed e’ un importate sito di accumulo di acqua. Il Cortex inferiore (D), e’ la parte che rimane a stretto contatto con il substrato, e’ dotato di una fitta serie di rizine (E), che hanno la funzione di mantenere il tallo ancorato al substrato.

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