Tutti gli organismi viventi, nel corso delle loro attività vitali, necessitano di continui scambi con l’ambiente che li circonda. Potenzialmente tutti gli esseri viventi sono dei biomonitori ma alcuni, che vivono più “intimamente” nell’ecosistema, come le api, i licheni, le piante, i muschi ed i macro invertebrati acquatici si rivelano particolarmente adatti a tale scopo per i seguenti motivi:

sono facilmente identificabili;
sono molto sensibili alle variazioni ambientali;
sono facilmente campionabili dal punto di vista quantitativo;
sono ben conosciuti dal punto di vista ecologico;
hanno una distribuzione geografica ampia e continua;
hanno una bassa variabilità genetica e bassa adattabilità;
possono essere accumulatori spontanei di agenti inquinanti nel loro corpo e/o nei loro prodotti;
hanno il vantaggio di descrivere fenomeni in gran parte non esprimibili in termini matematici.

Essi infatti essendo rappresentazioni sintetiche di realtà complesse, ci consentono di tener conto di interazioni sinergiche, in alcuni casi, o di svelare la presenza di sostanze immesse in maniera abusiva nell’ambiente (G. Celli e G. Porrini, 1991).

L’importanza e la risonanza dei biomonitori, piuttosto che l’utilizzo di sistemi creati dall’uomo, si giustifica nella seguente affermazione di David T. Tingey:

Non v’è migliore indicatore per lo status di una specie o di un sistema che la specie e il sistema stesso.

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